PREMESSE E CENNI SU DEFINIZIONE OUTSIDER ,
COLLEZIONISMO E ISTITUZIONI
Con il termine Outsider Art (in Italia a volte sostituito con Arte Irregolare) si designa la grande, variegata e complessa famiglia degli artisti marginali, emarginati, folk, visionari, spesso con problemi psichici e sempre, o quasi sempre, sprovvisti di formazione artistica accademica. Persone che operano solitarie, al di fuori del condizionamento di canoni, movimenti, mercati e che traggono dalle profondità della propria personalità, per se stessi e non per altri, opere eccezionali nel concetto, nell’oggetto, nelle tecniche. Oggi, in Italia, ma non in tutti gli altri paesi europei, viene distinta dall’Art Brut, anche se in realtà per certi versi ancora vi coincide e, comunque, ne discende e ne è estensione. Il termine è più correlato alla posizione di marginalità sociale in cui vive l’artista, piuttosto che all’opera.
E’ all’inizio del ‘900 che risale l’interesse per questo tipo di espressione artistica, soprattutto da parte dei movimenti artistici d’avanguardia. L’acquisizione delle opere da parte di artisti e di collezionisti comincia ad essere una prassi diffusa attorno agli anni ’50, quando le opere iniziano ad uscire dagli Ospedali psichiatrici. Sarà Dubuffet nel 1947, con la fondazione della Compagnie de l’art brut, a consacrare ufficialmente questo genere d’arte.
L’operazione culturale di Dubuffet consisteva nel valorizzare le opere “non culturelle” come contrapposizione vivace, spumeggiante, non adulterata, all’ “arte culturelle”, frutto quest’ultima più di una vera e propria omologazione borghese che di una ricerca libera. Rifiutata dalla Francia, la collezione di Dubuffet fu acquisita dalla Svizzera e venne sistemata nel Castello di Beaulieu a Losanna, dove ancora oggi si trova la sede del Museo de l’art brut. Il collezionismo ha una sua storia che va oltre la collezione di Dubuffet.
A Vienna gli Essl, grandissimi collezionisti, iniziano ad acquistare le opere degli artisti del Gugging, l’ospedale psichiatrico dove hanno operato e ancora operano personaggi le cui opere sono famose e oggi altamente quotate (vedi Hauser, O.T., Walla) e dove ha lavorato anche Arnulf Rainer. Nel 1970, il francese Serge Tekielski apre il “Petit Museé du Bizzarre”. Nel 1967 viene organizzata dal Museo di Arti decorative di Parigi la prima mostra di Art Brut, a cui farà seguito, nel 1974, quella al Walker Art Center di Minneapolis (Minnesota), nel 1979 quella all’Art Council of Great Britain e nel 1982 la mostra al Corcoran Gallery of Art di Washington. In questi stessi anni, in Francia iniziano a nascere nuove realtà espositive, come l’Aracine, la Fabuloserie, il Site de la Creation Franche. Nel 1994, apre a Lagrasse un Museo che ospita la collezione di Ceres Franco e più recentemente due giovani collezionisti svizzeri hanno aperto al pubblico la raccolta Mermod ed Erternod. Nel 1996 viene aperto a Baltimora il primo Museo specializzato in Outsider e Visionary Art. In Francia la Halle Saint Pierre consacra le sue mostre all’Art Brut e all’Outsider Art. E’ appena terminata la mostra “Banditi dell’arte” dedicata a 52 artisti italiani.
James Brett nel 2009 a Londra apre uno spazio, dove sistema la sua collezione, che chiama The Museum of everything”, realizzando mostre in diverse parti del mondo. Fondamentale ricordare la mostra curata da Harald Szeeman a Berna nel 1961, “Insania Pingens” (unico artista italiano presente Carlo Zinelli), perché introduce una modalità critica nei confronti di queste opere completamente diversa dalla precedente e che farà scuola. In Italia si sviluppano iniziative spesso all’interno delle istituzioni, promosse però, quasi sempre dall’interesse di una singola persona per l’argomento.
Molto si deve nel nostro paese alla storica dell’arte Bianca Tosatti, curatrice di mostre di arte irregolare rimaste storiche, che da anni lavora al progetto di un Museo dedicato. Di particolare importanza l’ “Istituto delle materie e delle forme inconsapevoli” fondato a Genova dall’artista Claudio Costa nel 1988, oggi rinominato “Museoattivo Claudio Costa” in onore del suo fondatore.
Diverse sono le Fondazioni nate per la promozione dei singoli artisti, come la Fondazione Zinelli, la Fondazione Merati, la Fondazione Ghizzardi.
Una collezione importante è sicuramente quella di Dino Menozzi, che documenta soprattutto gli artisti “irregolari” della padania.
Nel 2004 nasce l’Osservatorio di Outsider Art presso l’Accademia di Belle Arti di Verona, su proposta della Sezione culturale del Centro Franca Martini di Trento, con lo scopo di monitorare le opere che escono dai luoghi della cura e accogliere e censire tutte le segnalazioni di altre produzioni non ufficiali che arrivano da tutta Italia. Qualche anno dopo apre un altro Osservatorio presso l’Università di Palermo (i due Osservatori collaborano) per censire e sostenere gli outsider siciliani e diffondere la cultura outsider. Seguono altre Università e Accademie, come nel caso del DAMS e dell’Accademia di belle arti di Bologna, che introducono gli insegnamenti nei programmi ufficiali. A partire dagli anni ’70 si registrano inoltre numerosissime aperture di atelier nelle varie Psichiatrie italiane, molti dei quali condotti da artisti (e non da arte terapeuti, quindi). Fra i più noti, anche all’estero, “La Tinaia” di Firenze; “Alce in rosso”, ospedale psichiatrico giudiziario, Castiglione delle Stiviere (MN); “Adriano e Michele” di San Colombano al Lambro (MI); “Blu cammello”, Livorno; “Officina creativa la manica lunga”, Sospiro-Cremona. Diversi atelier sono nati anche da un biennio di specializzazione promosso dall’Accademia di belle arti di Verona. Aperti sia nella provincia veronese, che in quelle trentina e lombarda.
Un contributo molto interessante ha dato negli ultimi anni anche l’artista romano Cesare Pietroiusti con un progetto condiviso, “Museo dell’arte contemporanea italiana in esilio”, finalizzato a raccogliere le manifestazioni artistiche “fuori sistema” e cercare ospitalità all’estero per poterle mostrare.
L’artista Dora Garcia, che ha rappresentato la Spagna alla biennale di Venezia del 2011, ha invece dedicato il suo progetto “L’inadeguato”, a dare voce alle “produzioni non ufficiali”, recuperando ogni genere di materiale in grado di documentare l’importanza artistica delle opere di artisti che operano ai margini.
Del resto, sono sempre stati proprio gli “artisti insider” i maggiori collezionisti di produzioni non accademiche.
Ecco l’importanza di sviluppare un progetto che sottragga allo stereotipo le opere di questi artisti…
IL PROGETTO DI FONDAZIONE PER L’ARTE
Il limite che oggi si ravvisa, rispetto alla valorizzazione dell’opera di questi artisti, consiste nel fatto che continuano sempre ad essere presentati come una “categoria”, le mostre degli ultimi venti anni ne sono un esempio. Se un tempo questo poteva avere un senso al fine di sottrarre all’anonimato questo tipo di produzioni, oggi molto meno, visto che il fenomeno è ormai noto e il valore di certe opere outsider ufficialmente riconosciuto.
Fondazione per l’Arte ritiene che oggi, l’operazione culturalmente più interessante, sia proprio quella di passare da mostre collettive, dove l’accento è posto sul “fenomeno” (che omologa all’interno di una stessa classe di defizione), a mostre monografiche che ne sottolineino il valore solo ed esclusivamente artistico.
Con questo non si vuole occultare la realtà biografica, ma questa va ricondotta in un contesto corretto: essa fa parte della storia dell’artista, ma non lo riduce a quest’unico aspetto, in quanto, quello che più conta in questa sede è che le sue opere sono opere d’arte.
Detto ciò, si deve sottolineare che la maggior parte di questi artisti sono quasi sempre molto poco conosciuti, in quanto non appartengono a una categoria in grado di promuoversi (nei casi in cui siano interessati a farlo) oppure perché non hanno alcun interesse a far conoscere il proprio lavoro. Va anche ricordato che, il più delle volte, vivono in posizione di seria marginalità sociale e con pochi, se non addirittura nulli, contatti.
I poco interessati a farsi conoscere emergono come la categoria più diffusa. Ma proprio perchè molti di questi artisti soffrono di disturbi psichici, vedere esposte le loro opere comporta, nella maggioranza dei casi, anche una importantissima valenza terapeutica. Infatti il riconoscimento è uno strumento fondamentale per poter sviluppare autostima e, il riconoscimento apportato da una mostra d’arte, che vuole porre l’accento soprattutto sull’aspetto artistico culturale, non può che aumentarla. Artisti tutti diversissimi tra loro, presentano in comune una grande originalità espressiva e caratteriale, nessun atteggiamento scontato, nessun asservimento al mercato, poca disponibilità a lavorare su committenza, grande variabilità d’umore circa la disponibilità a concedere o a non concedere le loro opere. Il rapporto empatico è alla base della possibilità di collaborare. In Italia esistono molti di questi artisti – assolutamente in ombra - e trovarli comporta una vera e propria ricerca sul territorio. Il progetto IN VIAGGIO ha permesso a Daniela Rosi, curatrice di questo nuovo progetto per Fondazione per l’Arte, di scoprirne molti che, per diversi motivi, afferiscono ai servizi di salute mentale. Parecchi di loro, notevolissimi per qualità espressiva, spesso non sono conosciuti fuori dalle mura domestiche. Altri sono conosciuti ai soli Servizi sociosanitari, la fama di qualche altro arriva ai confini del proprio paese o della propria città. Quelli più conosciuti, di solito, sono stati presi sotto l’ala protettrice di qualche medico sensibile o da artisti che, nella loro ricerca espressiva, hanno maturato la decisione di confrontarsi con talenti diversi, proponendosi di condurre degli atelier nei luoghi di cura. Basti pensare a Claudio Costa, ad Arnulf Rainer e ad altri artisti ancora oggi operativi in altrettanti atelier dentro a strutture psichiatriche. Fondazione per l’Arte nell’ambito di una costante ricerca, promozione e diffusione dell’arte contemporanea, propone un ciclo di mostre monografiche di questi artisti ai margini, sia italiani che esteri. Il progetto espositivo, che si avvale del fondamentale supporto critico e tecnico di Daniela Rosi, si sviluppa con l’obbiettivo di intervallare mostre di artisti outsider a mostre di artisti insider con il fine, ponendo proprio l’accendo sull’aspetto artistico degli eventi, di conferire a tutti i protagonisti la stessa dignità sociale e culturale.
Ogni mostra si baserà su un tema specifico che tenga conto dello sviluppo espositivo generale del progetto. Verranno proposti molti generi differenti, ma nel rispetto dell’impianto generale concordato: outsider, autodidatti, visionari, babelici, artisti con disturbi psichici, ma anche artisti autoemarginati, che avrebbero tutti i presupposti per essere insider, ma che si sono posti fuori sistema volutamente. Per ogni mostra si prevedranno anche degli eventi correlati con conferenze tematiche ed approfondimenti per illustrare il lavoro degli artisti indagando il binomio arte cultura in esso racchiusi.